PERCHÉ MUZIO SCEVOLA SI BRUCIÒ LA MANO?

Tito Livio e Tacito raccontano che nel 508 a.C., durante l’assedio di Roma da parte degli Etruschi, il giovane nobile Caio Muzio propose al Senato l’idea di uccidere di persona il re etrusco Porsenna. Ottenuto il permesso si infiltrò nell’accampamento nemico e pugnalò quello che pensava fosse il re.

In realtà uccise un funzionario che stava distribuendo le paghe all’esercito, venne catturato e portato al cospetto di Porsenna.

Questi ordinò di torturarlo per conoscere i segreti dei romani ma Muzio stese la mano su un braciere e la fece ardere finché non fu del tutto consumata, per punirla dell’errore commesso. Da quel momento Muzio fu chiamato Scevola (ovvero mancino).

Impressionato da tanto coraggio e consapevole che le torture non avrebbero sortito effetti, Porsenna ordinò che il giovane fosse liberato.

Allora lo scaltro Muzio rivelò: “Poiché sai rendere onore alla virtù spontaneamente e per riconoscenza, ti svelerò quello che da me con le minacce non avresti saputo.

Trecento giovani di Roma hanno giurato di ucciderti. La sorte ha voluto che io fossi il primo a tentare il colpo, fallito, ma gli altri ritenteranno”.

Spaventato dalla falsa dichiarazione, Porsenna prese la decisione di intavolare trattative di pace con i romani e ritornò con l’esercito nella città di Chiusi.

Molto probabilmente si tratta di una leggenda creata ad arte dagli storici romani dell’età imperiale, per nascondere l’imbarazzante disfatta di quegli anni contro gli etruschi, ai quali i romani pagarono decime per diverso tempo.