Perché il mare è bluPerché il mare è blu

mare blu
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Da sempre il mare è stato oggetto delle attenzioni di artisti, musicisti e compositori. Oltre a sonetti e opere d’arte, però, questo ha ispirato nel tempo anche bizzarri quesiti: come ad esempio, perché il mare è blu?

Il mare ha sempre ispirato nell’uomo sentimenti di grande romanticismo e, qualche volta, anche di spavento. La sua grandezza ha spinto esploratori e naviganti ad esplorarlo e artisti a riprodurlo sotto forme diverse.

Al giorno d’oggi, forse, gli oceani non esercitano più il fascino di un tempo. Nei bambini però l’interesse è ancora vivo: crescendo si perde il diritto alla meraviglia e la capacità di interrogarsi, i bambini però ci ricordano sempre come fare.

Quante volte, durante la prima infanzia, ci siamo chiesti dove andasse a finire il sole dopo il tramonto, cosa facessero i pesci di notte e quanto riuscisse ad andare lontano l’oceano?

E quante altre volte ancora, invece, ci siamo domandati: ma perché il mare è blu?

Molto probabilmente, ciascuno di questi infantili quesiti, si imbattette al tempo nell’impazienza di un adulto.

Con l’articolo di oggi proviamo a rispondere ad una di queste bizzarre domande.

Perché il mare è blu

Da bambini ve lo sarete sicuramente domandati e magari qualcuno vi avrà fatto sentire stupidi per questo. In realtà, la riflessione è tutt’altro che puerile e proprio per questo, il più delle volte, resta sospesa, senza giungere ad alcuna conclusione.

Riflettiamoci un altro: l’acqua in cui ci bagniamo i piedi d’estate è trasparente e cristallina. Ammirando da lontano il mare, tuttavia, questo assume un colore blu intenso. Perché accade?

Molti scienziati si sono dati da fare per dare un’esaustiva risposta a questa domanda. All’inizio si credeva che le molecole dell’acqua diffondessero luce ma questa ipotesi – avanzata dal fisico Chandrasekhara Venkata Raman – si rivelò, nel tempo, sbagliata.

Effetto Raman

L’effetto Raman – che, per dirla sinteticamente, muta il colore del mare – fu scoperto dal fisico indiano C. V. Raman, nel 1928.

Secondo questa teoria è il sole a definire la tinta degli oceani, o meglio la radiazione luminosa del sole.

Essa è infatti costituita da tante onde elettromagnetiche e ciascuna di queste ha una lunghezza diversa: l’occhio umano riesce a percepire solo quelle di lunghezza inferiore all’infrarosso, ossia il rosso, il giallo, il blu, l’arancione e il violetto. L’acqua, tuttavia, assimila i raggi di luce in base alla profondità. Vengono così rimosse le onde elettromagnetiche della famiglia del rosso che a scarsa profondità vengono avvertite come nero.

L’acqua chiara fa dunque percepire all’occhio umano il colore blu fino a 400 metri di profondità, poiché questo ha una frequenza maggiore rispetto al rosso, al giallo o all’arancione. È così che il mare assume la tinta che tutti conosciamo.

Quando il mare cambia colore

È pur vero che il mare tende spesso a cambiare colore. In Italia resta blu o azzurro, in Messico ad esempio appare tendente al verde, mentre nelle isole Caraibiche questo diventa di un azzurro così candido da apparire quasi bianco.

In questi casi la differenza la fa il fondale. Se la sabbia è bianca, il mare apparirà candidissimo mentre, al contrario, se in esso si trovano molte alghe l’acqua tenderà a scurirsi.